Ho avuto modo di partecipare all’evento organizzato da EMF Group dal titolo “Health & Medmal Insurance” tenutosi a Milano lo scorso 8 ottobre.
Ben organizzato, ottimo parterre di relatori, argomenti interessanti ma, soprattutto, ottimi spunti di riflessione. Partiamo da un dato: è convinzione universalmente diffusa che la sanità pubblica e privata subiranno nei prossimi anni una profonda trasformazione.
A formare tale
convinzione concorrono più fattori a partire da un dato: con riferimento
all’incidenza della spesa sanitaria sul PIL, l’Italia deve rientrare nei
parametri indicati dall’U.E.. Nel nostro Paese tale rapporto si attesta al 2.3%
contro una media U.E. del 2.1%.
Poi dobbiamo considerare che, tra i paesi OCSE, l’Italia è il paese che ha la
più elevata incidenza di spesa sanitaria pagata di tasca dai cittadini. Un dato
su tutti: in Italia ogni cittadino paga di tasca propria il 22.1% della spesa
sanitaria complessiva (un cittadino francese il 6.9%). I cittadini USA, per
esempio, sborsano solo l’11.3%, e gli Stati Uniti sono il paese che da sempre
adotta un sistema sanitario prevalentemente privato e a fronte di una spesa
pubblica inferiore al 40% del totale, i costi trasferiti alle compagnie di
assicurazione superano il 50%.
A queste considerazioni si aggiunga il fatto che l’Italia è tra i paesi più longevi d’Europa e del Mondo, con una speranza di vita alla nascita per gli uomini di 80,3 anni e per le donne di 84,9 anni (media Europea 77,9) e ciò comporta un maggior bisogno di cure e costi più elevati, soprattutto nelle malattie croniche e nella lungodegenza. I costi diretti e indiretti di cui si fanno carico gli italiani si possono così sintetizzare: 1.883,79 € è l’importo che ogni cittadino versa per finanziare il Servizio Sanitario Nazionale; a ciò si aggiungono 654,89 € pagati di tasca per curarsi privatamente che, al netto di quanto indennizzato dalle forme di sanità integrative, somma a 34 miliardi di euro.
Se prendiamo a riferimento una famiglia media composta da tra persone, il costo sopportato direttamente dalla famiglia è di poco inferiore a 2.000 euro annui.
Se poi si vuole
analizzare il fenomeno dal punto di vista del numero prestazioni scopriamo che
il 24% delle prestazioni sanitarie sono erogate in regime di solvenza pura.
Ma come spendono i nostri connazionali questi 34 miliardi che rimangono
totalmente a loro carico (poco meno di 6 miliardi vengono rimborsati dalla
sanità mediata)?
Ogni 100 italiani 74 acquistano di tasca loro i farmaci; 63 pagano privatamente
almeno una visita specialistica all’anno; 56 effettuano privatamente esami
diagnostici; oltre 91 quelli che richiedono una prestazione odontoiatrica. Nel
2017 oltre 11 milioni di italiani per curarsi si sono indebitati per 7,8
milioni di euro o hanno intaccato i propri risparmi per circa 3 milioni.
E questo, se me lo consentite, è un dato veramente tragico.
E pensare che gran parte di queste spese potrebbero essere trasferite alla sanità mediata: compagnie di assicurazione, mutue, fondi sanitari.
La penetrazione dei prodotti sanitari nel nostro Paese è veramente risibile. Nel 2001 la spesa pro capite nella sanità mediata era di 49 €. Dopo 17 anni la situazione non è molto diversa: nel 2018 la spesa pro capite è stata di 95 €. Quasi raddoppiata … ma pur sempre poco significativa
Di chi la
responsabilità?
Della mancanza di cultura innanzitutto: vi è una diffusa convinzione che le
coperture sanitarie siano molto costose e ciò non corrisponde al vero.
Poi, sicuramente, non stiamo parlando di prodotti semplici da spiegare e da
capire. Inoltre, l’accesso a centrali operative non sempre facilmente
raggiungibili e procedure non sempre trasparenti e facilmente comprensibili
fanno il resto.
Ma nemmeno noi
intermediari siamo totalmente esenti da responsabilità: fare cultura, informare
e formare è anche compito nostro.
Un fenomeno assai preoccupante rischia di vanificare i piccoli traguardi
faticosamente raggiunti nel collocamento dei prodotti di sanità mediata,
riportandoci ai dati del 2001: compagnie, mutue e fondi non sempre sono celeri
nel pagamento delle prestazioni eseguite dai loro assistiti e centri
diagnostici, studi odontoiatrici e cliniche private denunciano tempi di
rimborso che rasentano i 120 giorni dalla data della prestazione. Su questo
fenomeno è auspicabile che il mercato si dia qualche regola o, a pagare, sarà
ancora una volta il cittadino e la credibilità del sistema sanitario privato
nel suo insieme.
Giancarlo Guidolin